Nove minuti di melodic death metal (e non sentirli).
Non era semplice scommettere su cosa avrebbero tirato fuori gli Insomnium dopo un disco notevole come Winter’s Gate del 2016, al momento il probabile apice della loro carriera: un unicum di 39 minuti divisi in sette movimenti, dove il melodeath tipico dei finlandesi si incontra con il progressive, ma senza che il primo nutra particolari timori reverenziali nei confronti del secondo (cosa che i più maliziosi potrebbero anche leggere come «niente pipponi in stile Mikael Åkerfeldt»).
Con una scelta intelligente, Heart Like a Grave, uscito il 4 ottobre di quest’anno, non tenta di ripetere l’esperimento: si rientra nei ranghi, la forma canzone torna a essere il punto di riferimento, persino con qualche strizzata d’occhi all’airplay radiofonico – quello finlandese, almeno, da noi gli Insomnium non entrerebbero nel palinsesto di una radio nazionale nemmeno con le bustarelle – grazie a un surplus di melodia e clean vocal all’interno dei primi due singoli estratti, Valediction e la title track.
A ben vedere (sentire) in realtà un punto di contatto con Winter’s Gate però esiste: e sono proprio i quasi nove minuti di Pale Morning Star, non a caso uno dei pezzi migliori del nuovo disco: una mini suite che è da sola un compendio di tutto ciò che di meglio ha da offrire questa band: potenza, pathos, grandi aperture melodiche, assoli drammatici (Dio benedica Markus Vanhala, che si divide tra Insomnium e Omnium Gatherum), stacchi brutali, violente accelerazioni e improvvisi rallentamenti.
Alla pallida stella del mattino la Century Media non ha dedicato che un lyric video: senza infamia nè lode, è almeno coerente con il mood evocato dal brano: foreste di betulle, cieli stellati, aurore boreali. Un po’ National Geographic, ma meglio che niente.