Da Stoccolma con amore, tra riff alla Screaming Trees e cupe atmosfere alla Alice in Chains.
Vi mancano certe atmosfere che si respiravano negli anni Novanta? Canzoni sofferte e pesanti come quelle presenti nell’omonimo album degli Alice in Chains? Brani lisergici come quelli degli Screaming Trees? Allora è il momento di scoprire i Domkraft, un trio nato nella fredda Stoccolma solo quattro anni fa, gruppo che a colpi di riff doom metal che manco i Sabbath e ritmiche da infarto imparentate con lo stoner, stanno pubblicando roba in grado di fare la differenza.
Il loro più recente lavoro, intitolato Slow Fidelity, è un EP, anche se la durata potrebbe suggerire il contrario. Parliamo, infatti, di quattro canzoni che però, da sole, vanno oltre i quaranta minuti. Quasi un’ora di malate litanie che raggiungono il loro momento topico nella tenebrosa Where We Part Ways, dove a un certo punto, quasi per magia, entra la voce di… Mark Lanegan.
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«Collaborare con i Domkraft è stato divertente, quel tipo di musica che non ho avuto modo di cantare ultimamente», ha rivelato l’ex cantante dei Trees, «mi ricorda la musica della mia gioventù».
Tutto torna, dunque, compresa la strabiliante performance vocale di Mark, mai così convincente dai tempi di Blues Funeral (il nome dell’etichetta per cui esce appunto Slow Fidelity, guarda un po’).