Moderne lezioni di sitar, tra Londra e Delhi.
Anoushka Shankar non è di certo l’ultima arrivata. Figlia del grande maestro del sitar indiano Ravi Shankar e sorellastra di Norah Jones, l’artista – di nascita londinese – non è mai stata fatta per stare in seconda fila. Passaporto britannico, seconda casa a Delhi, prima performance a 13 anni, nel 1995, sei candidature ai Grammy, scrittrice, attrice e produttrice. Diciamo che può bastare.
Questo periodo è decisamente proficuo per lei. Escono infatti i suoi due nuovi singoli: Bright Eyes e In This Mouth, entrambi con la collaborazione dell’amica stretta Alev Lenz, nota cantante turco-tedesca, la cui partecipazione aveva già portato i suoi frutti in The Land of Gold, dell’album omonimo della Shankar. Compagna di avventure, di scuola e di scrittura artistica, la Lenz è ormai una fida collaboratrice, oltre che un’ottima ugola.
Fondamentalmente Bright Eyes è una canzone d’amore, come sottolinea la stessa Shankar, ma il piano e il contrabbasso, uniti a sitar e ghatam, rendono il pezzo una suadente canzone chamber pop, di quello patinato di world music, come adesso sa funzionare bene. In effetti, lo fa decisamente. E tutti gli echi reminescenti di grandi culture e tradizioni non possono che migliorare le forme di un comparto musicale tutto occidentale, ancora legato a certi pesi radiofonici.
A ogni modo, Anoushka è un’artista consapevole, ormai capace di affrontare un proprio percorso e di inserirlo senza frizioni di sorta in un certo panorama musicale britannico. Bene così, crediamo. E ci auguriamo che valga qui una delle massime di memoria indiana: «Non c’è nulla di nobile nell’essere superiore a un altro uomo. La vera nobiltà sta nell’essere superiore alla persona che ravamo fino a ieri».