Della musica estrema (vol. 1): sangue dal naso.
The Body. Remixati. Un’esperienza più unica che rara. Eppure eccolo qui, tra le mani di tutti gli appassionati della musica da epistassi. Sì, è vero. Alcuni la chiamano anche experimental/post-qualcosa/ex-doom-forse-sludge. Ma sempre di roba estrema si tratta.
Il duo di Providence, Rhode Island è divenuto l’emblema di questa nuova corrente di suoni pesanti e pensanti, non semplici da ascoltare, ma allo stesso tempo caratterizzati da un certo fascino caustico. Un binomio che spesso viene attribuito a quel lato artistoide in cui a volte sconfina quello che in molti definirebbero metal. Che poi è noise. O elettronica visionaria. O, ancora una volta: estermismo musicale. Siamo sempre lì.
All the Waters of the Earth Turn to Blood era l’album del 2010 da cui è tratto il remix della traccia d’apertura di questo ottavo disco in tre anni a nome The Body. A Curse viene riproposta dal genio (qui glielo concediamo) di Gerrit Welmers, aka Moss of Aura, aka una delle menti dei Future Islands, che prende gli anni Ottanta e la parte più deviata della loro elettronica – quella buona per i dancefloor post-apocalisse – e confeziona un opener che già da sé vale l’intera uscita discografica. Uscita che poi vedrà contributi altrettanto interessanti, come quelli di Moor Mother e di Lingua Ignota, per citarne alcuni ben riusciti.
Le urla di Chip King e gli innesti di Lee Buford sono tolti dal loro contesto sludge/doom e inseriti in un’atmosfera surreale, parimenti criptica e malsana, ma in grado di arroccarsi in un disagio discotecaro. Rave, droghe sintetiche, quelle cose lì aleggiano nell’aria. Ma se tutto venisse ridotto a un simile mero surrogato, pezzi come questo non riuscirebbero a far comunque apprezzare ciò che la tecnologia sta portando alla luce. Un remix vero. Un pezzo nuovo. Una band che resta imprescindibile. Come non aspettarsi altro sangue dal naso?