Non solo puntalini e merletti per il goth anni ‘90.
Negli anni ‘90 essere dark non era facile. Morti i capisaldi del decennio precedente, era tutto un fiorire di band electrogoth, cloni dei Sisters of Mercy, heavenly voices varie e cose simili. In sintesi, se vivevi di pane e Bauhaus c’era poco di cui nutrirsi. Certo, in California i vari progetti di Rozz e la sua family (Mephisto Walz, Faith and the Muse ecc.) riempivano il vuoto. Ma in Europa per chi cercava quei suoni la situazione era più misera.
Ci pensarono i francesi a metterci una toppa di velluto. E che toppa!
Ogni uscita dei Corpus Delicti ha deliziato e ammaliato gli estimatori del goth “suonato” ma che poco aveva a che spartire con i Nephilim o i Nosferatu. Ritmi tribali sostenevano un chitarrismo sì melodico ma anche aggressivo, regalando lavori ad ampio respiro che, seppur rimanendo confinati in un sottogenere, ne esploravano ogni sfumatura. Dopo tre album, due demo, un singolo e una brevissima (e fallimentare) parentesi a nome Corpus (dove flirtarono con la rinata scena simil-industrial post Antichrist Superstar) a fine ‘90 i nostri presero ognuno la propria strada.
È notizia di questi giorni la ripubblicazione rimasterizzata di tutta la discografia in formato (per ora) digitale, con una ventina di inediti/b-sides/demo/versioni alternative a condire il tutto.
Da lì è tratta questa prima versione di Broken, originariamente presente su Obsessions. Tagliente, ossessiva, melodica eppur ballabile, fa parte di quei brani che ti fanno venire voglia di suonarli (o di imbracciare uno strumento per la prima volta). Chorus d’obbligo, sia chiaro.