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The Mountain Goats: Get High and Listen to the Cure
Four (not so) imaginary boys

The Mountain Goats
Get High and Listen to the Cure

Rendere omaggio ai Cure nel modo migliore: descrivendo i desideri dei fan.

Il lo-fi è qualcosa che viene da lontano, Dove i Pavement erano in realtà i nipotini delle registrazioni di Leadbelly o Robert Johnson. Poi è arrivato Beck. Ma vabbè… il discorso sarebbe più lungo di un elenco ringraziamenti in un album metal di metà anni ‘80.

I Mountain Goats sono in giro dal 1991, hanno qualche decina di album alle spalle, tonnellate di 7” e cassette, ed è la seconda volta che citano i Cure in un brano. La prima fu su Abandoned Flesh, dove però Robert Smith veniva semplicemente nominato in apertura assieme a Siouxsie, mentre il testo si concentrava sulle sfighe dei Gene Loves Jezebel e altri nomi minori della scena goth. Stavolta invece le cose sono più esplicite.

Fondamentalmente lui vuole «sballarsi ascoltando i Cure tutta la notte», ma i Cure veri. Nella lunga lista di titoli elencati come possibili soundtrack per un viaggione mentale, solo due (Let’s Go to Bed e In Between Days) sono post-darkerie. Il resto pesca a piene mani dal repertorio ‘79-‘82, e non si può rimanere indifferenti rispetto a tocchi di classe come «Voglio sentire tutto Pornography, specialmente il secondo lato». Personalmente avrei messo anche Carnage Visors e Airlock, ma son gusti.

Il brano è minimale. Leggero. Accattivante. Semplice. Con delle melodie efficaci di quelle che Moby non riesce più a scrivere da secoli, resta in testa al primo ascolto e se solo i fan dei Cure non fossero spesso troppo seriosi, dovrebbe diventare un inno da cantare in coro prima e dopo i concerti di Ciccio e co.

E sì. Ascoltare quei Cure tutta la notte resta una cosa splendida.

The Mountain Goats 

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