Com’era quella storia della comfort zone? Uscirne è sempre un’ottima idea, vero?
Ritrovarsi nell’oscuro mondo del ride-sharing e finire a fare la tassista di notte per una compartecipata di Uber. Lasciare che la più varia umanità si alterni annoiata sui tuoi sedili posteriori mentre tu – altrettanto annoiata e con le palpebre appesantite da un trucco così leggero da riassumere in un colpo solo tutte le cinquanta sfumature di makeup che vanno da Platinette a Amy Winehouse – guidi tra le luci di Los Angeles, forte del potere di stendere con lo sguardo gli ignari passanti che incroci, come faceva il piccolo Riccardino Fuffolo alzando le mani.
Kim Gordon, la vita dopo i Sonic Youth magari se l’era immaginata diversa. Eppure le atmosfere evocate dal video diretto da Loretta Fahrenholz sono perfettamente in linea con lo squallore post no-wave in cui la band newyorkese ha sguazzato per anni. Che qui, ad affettare l’angoscia, ci siano i synth invece che le chitarre, non fa poi questa grande differenza. E soprattutto non abbassa il livello.
Perché un disco solista? Perché proprio ora? «Non lo so». Lo spettro di un Raz Degan alle prese con l’ammazzacaffè si aggira dentro questa risposta, ma anche qui in ogni caso rimaniamo dentro i confini del personaggio, sempre troppo occupato a non sentirsi soddisfatto per aver tempo di cercarne i motivi. Un trucco buono come un altro per campare cent’anni, a quanto pare.
No Home Record – dichiaratamente ispirato al documentario No Home Movie, della regista belga Chantal Akerman – uscirà su Matador il 13 ottobre prossimo. Il suo messaggio sembra essere comunque già chiaro: casa è dove riesci a venire a patti con la tua inquietudine. E raramente è un posto solo.