Piaceri (s)conosciuti sul fondo del barile.
Quanti barili sono stati raschiati fino in fondo? Il neonato fenomeno dei concerti con ologrammi al posto dei morti in realtà non è che la naturale evoluzione delle manovre di un mercato che anche ad anni dal decesso di un artista continua a pubblicare prodotti raffazzonati, tra demo, provini o live inascoltabili. Perché poco importa il contenuto in sé: il marchio vende. Sono regole fondamentali del music business, giusto?
Eppure alcune volte il barile non è di ferraccio, bensì d’oro. Quindi le pubblicazioni post mortem non vanno a prendere polvere sugli scaffali dei collezionisti, ma diventano parte integrante di una discografia che è già storia, arricchendola (perché no?) di alcune piccole gemme.
È questo il caso del recente Blue World, registrato nel 1964 come colonna sonora per il film Le chat dans le sac di Gilles Groulx e pubblicato ufficialmente solo oggi. Nato dalle session con lo stesso Classic Quartet che possiamo ammirare sui due classici Crescent e A Love Supreme, ci regala un Coltrane in stato di grazia che guida la band tra esplosioni, silenzi e digressioni sul tema. Le versioni alternative di brani noti non sono dei riempitivi ma fanno storia a sé, dimostrandoci nuovamente che se uno ha qualcosa in più è perché lo è, non perché lo fa.
Ascolti di nicchia che dovrebbero diventare d’obbligo per chiunque. Raschiate ancora, please.