I boschi. La neve. Il vento. Un uomo. Il suo pianoforte.
Spesso l’idea che si ha nei confronti della musica classica è distorta. «Sono eccellenti esecutori, ma di pezzi altrui»: roba da vecchi, snob, cose così. Questo porta molte volte a saltare a piè pari tutto ciò che è catalogato con quel marchio.
Nulla di più sbagliato.
Se infatti è vero che la maggior parte sono ennesime riproposizioni di composizioni arcinote o tentativi maldestri di emulare lo spessore artistico di compositori ormai già digeriti dai vermi, qua e là si nascondono dei piccoli tesori. E non stiamo parlando solo di nomi sconosciuti, ma anche di persone che, in teoria, già hanno fatto tutto ciò che dovevano.
Il rinnovato contratto con la Decca ha portato nuova linfa (e denaro) nelle vene di Ludovico Einaudi, che giunge oggi alla conclusione di un progetto ambizioso e affascinante: sette dischi, uno al mese, per un viaggio che parte da un’esperienza personale – l’isolarsi, nel gennaio 2018, in mezzo alle Alpi, passeggiando ogni giorno tra bufere di neve e freddo pungente. Tipo i trve blackster per intenderci.
La registrazione volutamente lo-fi di questo capitolo finale rende il tutto ancora più efficace: sentire il martelletto e i pedali così nitidamente trasporta l’ascoltatore direttamente lì, in quella stanza, azzerando la distanza enorme che solitamente allontana compositore e ascoltatore in casi come questo. Note che contengono tutte le sfumature emotive di un uomo solo alle prese con se stesso: paura, abnegazione, speranza, tenacia, abbandono. Nessuna parola: solo musica ad accompagnarci verso il gelido inverno che incurante di tutto attende il suo momento.