Elettronica di razza spuria. Bionda sì, ma poco ariana. Col pedigree sporco, ma macchiato bene.
I Faint, prima di diventare i Faint, volevano solo scorrazzare sullo skate per le strade di Omaha, Nebraska. E invece è andata che il tutto si è infranto contro un brutto infortunio al ginocchio di Todd Fink, che ha costretto tutta la banda a virare su un imprevisto piano B chiamato “musica”.
Messa così, la storia non suona tanto poetica, eppure – dopo trent’anni di carriera – hanno vinto almeno gli eretici che si lamentavano della mancanza di una certa attitudine punk sui dancefloor di mezzo mondo e che, alla fine, si sono goduti un bel periodo di electro’n’roll suonato come si deve.
Hanno guardato i quattro scapestrati passare più volte, ma sempre con sadico rispetto, sui cadaveri ancora ipotetici di Gary Numan e Dave Vanian (The Damned) e li hanno aizzati a fare peggio quando quelli hanno deciso di portare il giramento di coglioni in mezzo ai synth, ben prima che i Prodigy ne facessero carne da MTV.
Quindi, cos’è che è girato storto? Quando è successo che abbiamo perso il gusto di mischiare le nostre influenze senza un criterio ben preciso? Chi è che ha stabilito che era finita l’era della musica bastarda nel mainstream?
Perché il fatto è che i locali, una roba del genere, ormai non perdono più tempo nemmeno a ghettizzarla dentro la triste serata a tema del martedì sera. E così anche i Nostri hanno iniziato a nascondere le chitarre dietro produzioni impeccabili come questa. Poco male: dopotutto non sono molti, oggi, a saper ancora far sgroppare una 808 su una giostra dal groove così “rock”.
Ma allora perché una specie di sana nostalgia sguaiata e rancorosa ci sta salendo su come un groppo in gola?