Nani, bionde e disperazione: mancano un paio di draghi e potrebbe essere il trailer di #GoT. E invece, tutt’altro.
Quando si tirano occasionalmente in ballo i C.O.D., pare che l’unica cosa da dire sia: il gruppo scelto dagli Skunk Anansie per aprire le date del loro tour lungo lo Stivale.
Ed è un vero peccato, perché la band italiana forse più promettente degli ultimi trent’anni meriterebbe, soprattutto a posteriori, qualcosa di più che un ricordo per conto terzi. Era la fine degli anni ‘90: quel breve, intenso momento storico durante il quale anche le etichette major nostrane avevano iniziato ad annusare il culo dell’alt-rock cantato nella lingua di Dante.
Così è andata che, dopo qualche scazzo di troppo con la Virgin Records, Emanuele Lapiana (forse il nostro cantautore più promettente degli ultimi trent’anni) abbia chiuso baracca e burattini, per rifare capolino solo qualche tempo dopo nei panni del N.A.N.O. – sotto le cui (nemmeno troppo) mentite spoglie ci ha regalato due dei migliori album degli ultimi trent’anni.
COP è il primo singolo del terzo e prova a raccontare – con la solita voce solo apparentemente pacata, lo stesso gusto per la melodia e una costante ossessione per gli acronimi – una generazione, la nostra, che ha passato gli ultimi trent’anni a non prendersi le proprie responsabilità e ora è costretta a ossigenarsi i capelli per riuscire a guardarsi allo specchio senza vedersi per quello che è: drammaticamente disperata.
Il crowdfunding imbastito per finanziare la realizzazione di B&D ha raggiunto (e poi superato) la cifra necessaria in un batter d’occhio. Perché ognuno ha i fan che si merita. E di quella generazione possiamo dire tutto il male possibile, ma non certo che non sappia riconoscere il talento.
O che gli serbi rancore quando quello la mette nuda di fronte ai propri fallimenti.