Il tempo è buono, il gin è in fresco.
Sembra essere uscito in sordina, il lavoro dei Massimo Volume: senza grandi paroloni, senza videoclip di presentazione, senza singolo in prima linea. Eppure, il 1 febbraio, Il Nuotatore ha visto finalmente la luce, a sei anni di distanza da Aspettando i Barbari.
Il settimo album della formazione di Emidio Clementi, Egle Sommacal e Vittoria Burattini è un fulmine a ciel sereno in un certo panorama musicale italiano odierno, dominato dal calderone stilizzato che è diventato l’indie rock.
Nessun “paroliberismo” da poco, nessuna posa e nessuna strizzatina d’occhio a certi standard e stilemi che, ormai, si sentono dappertutto. I Massimo Volume restano come ce li ricordavamo: narrazioni importanti, tanto personali quanto universali, le medesime chitarre post-rock di sempre, le immagini di una band e un suono che devono fare i conti con gli anni trascorsi.
La meravigliosa istantanea delle piscine vuote, dell’attraversamento dei cortili, e del ritrovamento della propria casa distrutta, sono parti di un “raccontare” davvero difficile da rinvenire, oggi, nel cantautorato italiano.
Se le giovani generazioni recuperassero la verve, la poesia e – diciamolo – i cojones per comunicare con la sensibilità che si avverte qui, parleremmo di un’autentica scena qualitativa. Intanto, canzoni come questa restano ad appannaggio di pochi, veri maestri della parola.