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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Jordan Rakei: Say Something
My mind's eyes

Fatevi conquistare dal caldo, instabile abbraccio di Jordan Rakei: lui sa come abbattere le vostre certezze.

Per Jordan Rakei, ventisettenne produttore neozelandese, le cose hanno cominciato a girare benissimo quando nel 2015 da Brisbane, Australia, si è trasferito a Londra. Sapeva che, per fare il grande salto, doveva compiere un gesto estremo: sovraesporsi. Incontrare gente ogni giorno – cosa a cui non era proprio avvezzo.

Lui, polistrumentista di chiara estrazione jazz, se l’è praticamente suonata e autoprodotta da solo per anni. Poi nel 2017 la Ninja Tune lo ha messo sotto contratto, dicono, dopo che qualcuno dell’etichetta shazzammò una sua canzone in un bar (forse questa).

E così è arrivato l’album Wallflower: un lavoro che prendeva le distanze dalla sua produzione precedente, collocandolo in quella strana categoria denominata new wave UK – qualunque cosa essa significhi.

In questo caso, un soul con l’abbraccio elettronico più caldo e malato che la storia recente abbia sentito, con una gamma di rimandi che vanno da D’Angelo a James Blake, passando per Jeff Buckley. Un percorso che continua col nuovo album, Origin, in uscita a giugno, anticipato proprio da Say Something e dal precedente Mind’s Eye.

Vale la pena farsi un corso accelerato di Rakei sulla sua pagina Bandcamp o andando ad ascoltare la sua collaborazione con i Disclosure.

Fatevelo, questo regalo.

Jordan Rakei 

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