Il meglio deve ancora venire – anzi, no.
Una ballata sui bei vecchi giorni andati? Ecco a voi, ma non c’è niente di dolce o consolante.
Seguire il 4/4 ispido e impetuoso di John Paul White, con un violino che svolazza lagnoso, tipo moscone, sembra ricondurci al passato folk del duo The Civil Wars (di cui il musicista americano è stato parte, appunto). Ma questo brano è una pistola puntata su una tomba, pronta a sparare e rimandar giù qualsiasi cosa che tenti di venir fuori.
The Good Old Days è un inchino al tempo che fu, ma con un “no, grazie” pronunciato a denti stretti da White – che preferisce bruciare i ricordi fasulli di un passato esistito solo nel cuore bugiardo e pigro di chi non vuol sforzarsi di credere che il meglio sia lì davanti, e che bisogna andarselo a pigliare.
Il bello, però, resta proprio questa angoscia di fondo, in un pezzo che vorrebbe ribellarsi alla corrosiva nostalgia che tutto inzacchera, ma che al contempo non si libera dall’amarezza di chi tira innanzi con un grumo duro di rimpianti (al fondo di una gola riarsa dal canto).