La primavera dell’indie pop sottovalutato.
I Foster the People sono un trio californiano nato dalla fame e dal precariato del loro lead vocalist, Mark Foster. Lui, ancora diciottenne, si trasferì a Los Angeles per vivere la vita del perfetto musicista illuso, servendo hamburger, pippando coca e frequentando party deprimenti alla ricerca di un contatto buono.
A salvarlo da morte certa intervenne un evento inaspettato: un lavoro vero. Fu assunto in uno studio di produzione come compositore di jingle pubblicitari. Da quel momento qualcosa cliccò nella sua testa: capì la geometria di una canzone perfetta. Poi incontrò Mark Pontius, studente di cinema, e con lui diede vita al gruppo.
Mark aveva a quel punto decine di canzoni nel cassetto, tutte molto diverse tra loro. Una era quell’eterea Pumped Up Kicks che, nel 2011, fu a tutti gli effetti una hit. Tanto che toccò pure fare un album (ne seguirono poi altri due, nel 2014 e nel 2017, ricevuti tiepidamente).
L’impressione era comunque che la band non riuscisse a bissare il consenso iniziale. Un’impressione che ora potrebbe ribaltarsi con il nuovo singolo. Non perché sia eccezionale; al contrario, vira in un’altra direzione rispetto a quella manifattura ricercata e mai banale che li ha accompagnati fin qui.
Style è più Imagine Dragons-meets-Robbie Williams. Ma porta con sé la soluzione mai sbagliata dell’”hook” potente e che, si sa, sul fiorir della bella stagione è sempre una promessa.
Questo pezzo non anticipa un nuovo album, per ora. Forse, però, anticipa una nuova fase nella variabile e mai grandiosa percezione dei Foster the People.