Una band arrabbiata che ci racconta cosa significava essere (un certo tipo di) americani negli anni ‘80, e cosa significa continuare a esserlo nel 2019.
Di tanti supergruppi che si formano ogni giorno, ben pochi riescono a sfornare roba interessante e non derivativa. I Filthy Friends sono l’eccezione, appunto.
Formatisi nel 2012 dall’unione tra Corin Tucker delle Sleater-Kinney e Peter Buck dei R.E.M., insieme a vari musicisti del giro Minus 5, quando le cose si sono fatte serie (leggi: quando Donald Trump è stato eletto come Presidente americano), loro hanno risposto altrettanto seriamente con Invitation – sottovalutato gioiello indie rock.
Ora tornano con Last Chance Country, tratta dall’imminente Emerald Valley (fuori a maggio via-Kill Rock Stars), che rafforza quanto di buono lasciava intuire il debutto di due anni fa.
«Parla di un’adolescente che viaggia in autobus attraverso una deprimente città del Nord Ovest negli anni ‘80», ha dichiarato la Tucker a Rolling Stone. «Usando l’autobus per andare al lavoro, ho visto persone che lottavano per sbarcare il lunario e dare un senso alle loro vite. È scoraggiante e frustrante constatare che, trent’anni dopo, la lotta per i diritti dei lavoratori sia ancora più accesa di quella di allora».
Tale frustrazione risalta tutta nella voce, in grado di catapultarci direttamente ai tempi del movimento Riot grrrl. La chitarra punk di Peter Buck, forse mai così travolgente, fa da giusto contrappunto alla collera della cantante dell’Oregon.
Allacciate le cinture: questo è solo l’inizio.