Occhio ad autocitarsi troppo, ché poi si diventa ciechi.
Riassumiamo il tutto con la poesia ermetica di uno stagista dell’ANSA: il (non più) ex cantante degli Stone Roses torna in pista con un nuovo singolo da solista.
Ora proviamo ad analizzare passo per passo questo solo apparentemente banale lancio d’agenzia: in una manciata di battute è riassunta l’intera vita di un uomo e, in particolare, la sua movimentata carriera fatta di alti e bassi alternati a tira e molla, sempre e comunque ballati attorno a una delle più importanti band del cosiddetto Britpop.
Poche, misere parole per immaginarsi la parabola sinusoidale di questo tizio che un tempo era il cantante degli Stone Roses, ma che poi ha sciolto gli Stone Roses e ha intrapreso una brillante svolta solista, che successivamente ha chiuso baracca e burattini per un bel po’ di anni e adesso, una volta riformati gli Stone Roses ed essendo tornato a tutti gli effetti a essere il cantante degli Stone Roses pare tutt’altro che propenso ad abbandonare il progetto parallelo incentrato su se stesso e non avere nessuna intenzione di smettere di prendersi cura del suo orticello in cui coltivare fondamentalmente gli stessi fiori e le stesse pietre, ma senza gli altri del gruppo che gli dicano con quanta acqua innaffiarle e quali fertilizzanti usare, lasciando così adito a tutte le speculazioni del caso riguardo a un eventuale, ennesimo scioglimento di una delle più importanti band del cosiddetto Britpop.
Ottimo lavoro, insomma: il ragazzo promette bene e meriterebbe di essere promosso almeno al ruolo di pubblicista. Lo stagista, dico.
Ian Brown, invece, ragazzo non lo è più da un po’, ma il suo ego si sente lo stesso addosso poco più di vent’anni. Infatti, torna a far capolino con un singolo (che anticipa il nuovo album Ripples, in uscita a marzo) in cui non perde l’occasione di citare se stesso, in quello che è, a tutti gli effetti, un omaggio allo specchio piuttosto che una semplice operazione-nostalgia.
Bisogna dire che i segni della vecchiaia ci sono in realtà tutti e vanno ben oltre gli ottimi capelli brizzolati (non necessariamente un male): il set spostato da un brulicante centro città a una bucolica campagna rurale, la bici non più così certa della sua direzione ostinata e contraria, ma che oscilla in un avanti e indietro vagamente indeciso, e soprattutto, tra le righe, la conferma tardiva di uno dei più grandi talenti – forse sprecato – del pop contemporaneo.