Danza sul futuro del metallo pesante!
Ce la prendiamo con la tamarreide dei Manowar e con le lagne insopportabili delle band nordiche, ma non ci rendiamo conto che dei nuovi barbari sono in arrivo e portano l’heavy metal a livelli ancor più kitsch e smargiassi.
Il “global metal”, infatti, pareva l’unica via evolutiva possibile di questo genere, ormai perso in una ginnastica sul posto da almeno quindici anni. Invece sono proprio i gruppi indiani o taiwanesi a restituirci gli aspetti più grotteschi dello stile borchiato…
Bisogna ammettere che i Myrath sciorinano sì un’attitudine coatta, ma non ci attanagliano con la retorica virile degli anni ‘80. Non ci sono pose sessuali, pantaloni a chiappe scoperte e donne crocefisse o in una gabbia; c’è solo tanto fantasy e misticismo da discount. L’aspetto vagamente scoraggiante è che questi popoli così poco avvezzi al genere, fino a poco tempo fa, oggi tentino di infilare la loro cultura in uno “stampino tribale” a conti fatti ben poco esotico.
Nel video del gruppo tunisino c’è grande sfarzo di computer grafica, un’estetica epica degna della HBO e una ritmicità che galvanizzerebbe un Tony Esposito in preda del dio distorto. Indiscutibile il fascino del ritornello, nonostante il significato delle parole sia abbastanza inquietante.
Una volta il metal incitava a radere al suolo la città ed appiccare il fuoco al mondo ostile, mentre qui i Myrath non ci stanno chiedendo altro… se non di ballare. Come un Ricky Martin qualsiasi.
Sarà questa, la vera innovazione?