La miglior colonna sonora di sempre, almeno se ci limitiamo ai film lettoni.
Giusto un paio di indicazioni per orientarsi nel misterioso mondo dello pseudo-anonimato elettronico: Thomas Bangalter è quello con il casco argentato, il tizio che al posto della visiera ha una striscia di led orizzontale che all’occorrenza puoi anche farci comparire delle scritte, brevi ed evocative come quelle del banco dei salumi al supermercato.
O almeno questo è ciò che hanno voluto farci credere i nostri eroi nei secoli dei secoli, perché nessuno ci dice che, invece, i Daft Punk non ci abbiano “trollato” per vent’anni, di volta in volta scambiandosi il loro copricapo hi-tech in base al mood della serata (se non addirittura facendosi sostituire da controfigure ben addestrate, impavidi stuntman o cugini alla lontana che dir si voglia).
Comunque siano andate le cose, il dato di fatto è che raramente li abbiamo trovati spaiati. In questo senso, il più promiscuo dei due si è sicuramente rivelato proprio Bangalter. Se da un lato, infatti, il casco d’oro di Guy-Manuel de Homem-Christo – forse per retaggi legati al culto della monogamia, tipico del cattolicesimo che il suo “nomen omen” ci rammenta – quasi mai ha messo i piedi fuori dal seminato della sua fedeltà alla causa, dall’altro il suo compagno, oltre che a un paio di vere e proprie relazione extraconiugali che hanno lasciato in giro per lande d’oltralpe figli illegittimi quali Stardust e Together, si è pure permesso ripetute scappatine nel torbido privé delle colonne sonore.
Oggi torna sul luogo del delitto, contribuendo alle musiche per il film di un certo Siegfried: un personaggio anche lui abbastanza enigmatico, nel senso che è uno di cui non si conosce il cognome, ma in compenso dovrebbe avere questa faccia qui.
Riga (Take 5) è una rarissima – si narra che l’unica altra copia del vinile fosse in possesso di David Guetta e sia venuta alla luce online solo grazie al “rip” di un fan, tale Craydajam – versione alternativa della traccia presente nella soundtrack originale: quasi un quarto d’ora di “mental techno” (cit.) analogica e pulsante (registrata appunto in un solo take), molto “old skool” e nemmeno lontanamente sfiorata da una minima impronta di “french touch”, che alla fine è stata poi pubblicata come extra bonus di una qualche versione deluxe di tutto l’ambaradan.
Per dovere di cronaca, va detto che è stata in lizza per vincere il premio di “Best Score” al corrispettivo della cerimonia degli Oscar del cinema in Lettonia; come riconoscimento, fa già ridere così.