Ilo nuovo singolo della più grande rock band giapponese è, in realtà, una complicata storia di bullismo adolescenziale in salsa electro-pop.
Perché la sensibilità e la cultura giapponesi devono essere così complicate da comprendere, per noi poveri occidentali?
È uscito il nuovo singolo degli ONE OK ROCK, forse la più importante rock band giapponese attuale (là tutti, o quasi, pendono dalle labbra del cantante Taka, del chitarrista Toru, del bassista Ryota e del batterista Tomoya). Un gruppo che non ha problemi a passare dall’heavy metal più pesante al pop più frizzante, perché nella Terra del Sol Levante le etichette sono un prodotto del capitalismo.
Quel che Stand Out Fit In offre, in termini “nostrani”, è riassumibile con “musica pop quasi da boy band, con un messaggio al sapore di pubblicità progresso”. Non quel che ci si aspettava, ma a leggere i commenti su YouTube è un nuovo capolavoro… quindi tutto bene. Siamo noi, quindi, a essere ingabbiati in obsoleti schemi mentali; dopotutto, il ritornello è subito orecchiabile.
La cosa più enigmatica è il video, che racconta in maniera molto toccante la difficoltà incontrata da un giovane migrante giapponese in una società americana bianca. Il ragazzo cresce e, per integrarsi con i coetanei, inizia a bere e fumare in compagnia, arrivando a bullizzare un immigrato pakistano. Un esempio di integrazione distorta, ma pur sempre integrazione.
Poi la “compa” beve troppo e ha un incidente in auto. Il protagonista sembra l’unico sopravvissuto, ma vede una figura mascherata che balla accanto a una cabina telefonica della Telecom, e si mette a ballare pure lui. Salta fuori un intero corpo di ballo. Poi torna bambino, con sua mamma triste e pure lui triste. Perché, nel momento metafisico della morte, avrebbe dovuto tornare a un periodo non felice della sua vita?
Troppe metafore… forse l’occidente ancora non li merita, gli ONE OK ROCK.