Arriva da Roma, ha sedici anni e in un talent-show canta di fobie esistenziali, ricordando la purezza della Cat Power d’inizio carriera.
I talent show musicali sono quei lugubri luoghi dove le sette note vengono fagocitate per creare un “semplice” prodotto (televisivo) adatto alle orecchie di tutti. Gli artisti che ne prendono parte non sono altro che future vittime sacrificali, e sacrificabili, della fabbrica dell’intrattenimento.
Un po’ apocalittico, ok, ma questo è più o meno il mio pensiero riguardo a una florida “industria” che, negli ultimi tempi, pare essersi un po’ appannata.
Poi capita d’imbattermi in una diretta di X-Factor dove rimango senza parole, proprio come Manuel Agnelli, ascoltando una giovane ragazza che si chiama Martina Attili. La sedicenne romana canta una pregevole ballata al piano che non parla di cazzate, come fanno i suoi coetanei trapper, ma di fobie: cherofobia, la paura di essere felici.
Pensate alle sonorità più intimiste di Soap&Skin, oppure ai pezzi più cupi di Lorde, e aggiungete un pizzico di quella tristezza che permeava le canzoni della prima produzione di Cat Power. Martina, forse inconsapevolmente, si avvicina proprio a tutto questo. Non solo: la Attili, verso la fine della canzone, ci butta pure dentro una metrica simil-hip hop che spiazza e convince sulla caratura di quest’artista.
Anni fa Bono definì Jeff Buckley come “una goccia pura in un oceano di rumore”. Riascoltando Cherofobia, vien da pensare che Martina Attili possa davvero essere – o diventare – quello stesso tipo di goccia.