Tanto tempo fa, in una chiesa londinese, una band americana s’incontrò con un noto cantante inglese per suonare una delle loro canzoni più oscure e tenebrose.
I R.E.M. hanno fatto la scelta migliore, fra le band della loro generazione. Prima di sembrare completamente bolliti, ben prima di incidere dischi imbarazzanti, nel settembre del 2011 hanno comunicato al mondo intero di aver terminato la propria corsa.
Da quel momento i componenti del gruppo hanno preso strade diverse.
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Michael Stipe si è fatto crescere una barba da far impallidire quella di Rick Rubin, è diventato un assiduo frequentatore di mostre fotografiche e ha attaccato in ogni modo Donald Trump su Instagram (salvo poi cancellare il suo account mentre si radeva la folta barba).
Mike Mills è apparso qua e là in giro per il globo e una volta mi ha pure scritto su Twitter (tradotto: non ha fatto nulla di rilevante).
Peter Buck è quello che ha dato più soddisfazioni ai fan orfani della band, prima con gli ampiamente sottovalutati Filthy Friends, poi con il recente disco inciso insieme a Joseph Arthur. Ha poi pubblicato tre album solisti – lavori molto interessanti che, però, sono stati ascoltati solamente da una manciata di persone (fra cui Mills).
Dal 2011, a nome R.E.M., hanno invaso i pochi negozi di dischi rimasti con una marea di edizioni celebrative dei loro titoli più conosciuti (e non). L’ultimo in ordine di tempo, che sarà pubblicato il 19 ottobre, è una raccolta delle esibizioni alla BBC. Tra le decine di canzoni presenti, una è stata scelta come singolo rappresentativo: E-Bow The Letter, incisa originariamente con Patti Smith e inclusa in una delle opere più sottovalutate del gruppo, New Adventures in Hi-Fi.
La versione inclusa nel nuovo box-set, invece, è tratta da un concerto riservato ai membri del fan club, registrato dalla BBC ai tempi della promozione di Around the Sun – il peggiore album della discografia dei nostri – e tenutosi in un luogo davvero suggestivo: la Chiesa di St James di Londra.
Al posto della Smith c’è Thom Yorke dei Radiohead, da sempre spirito affine a Stipe, che impreziosisce una delle più oscure ballate del gruppo di Athens e che riesce a non far rimpiangere l’assenza della sacerdotessa maudit del rock.
(un’impresa non da poco)