Una danza quanto mai ipnotica.
Esistono due tipi di persone: quelle che ascoltano i Dead Can Dance e tutte le altre. Per quanto si provi eventualmente a ridimensionare una realtà così sperimentale e fuori dagli schemi, di fronte a loro avviene qualcosa che manda su di giri gli interspazi della nostra materia che non siamo abituati a sentirsi attivare.
Questo è il quarto pezzo dei sette che compongono il nuovo lavoro del duo anglo-australiano, Dionysus, uscito sei anni dopo l’ultimo album Anastasis e diviso in due “atti” (The Mountain inaugura il secondo, di fatto).
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La lingua cantata da Lisa Gerrard e Brendan Perry è una lamentazione ierofonica, un grammelot dei più disparati idiomi. E non potendo comprendere cosa cacchio dicano quelle voci danzanti, finiamo per affidarci al suono e alla nostra stessa immaginazione.
Non è tanto il videoclip, ideato e diretto dal regista polacco Łukasz Pytlik e chiaro omaggio al cinema pagano di Alejandro Jodorowsky, quanto il salmodiare degli strumenti che finisce per crivellare la fortezza di scetticismo dietro cui si nasconde il nostro spirito intirizzito, così da spingerlo a uscire nella fredda notte stellata e ballare una musica che sa di terra, fulmini, dèi furiosi e antichi e severi alberi piangenti.