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Stephen Malkmus & The Jicks: Bike Lane
The boy with the thorn in his side

Stephen Malkmus & The Jicks
Bike Lane

Uscire dalla borghesia, ma non dal mito (quello mai).

Lessi una volta una considerazione sull’essere borghesi. In sintesi, a parte le questioni economiche, essere borghesi significava rivolgersi all’interno e mai all’esterno, preferire l’introversione all’estroversione. E qui mi vengono in mente varie coppie opposte, come politico/privato o sociale/intimo. In musica, questa roba si tradurrebbe con un grafico in cui a un opposto ci sono i Rage Against The Machine e, all’altro, i Belle and Sebastian.

Bike Lane proviene dall’ultimo disco di Stephen Malkmus & The Jicks. Malkmus è un borghese: uno che con i Pavement ha scritto una pagina importante dell’indie rock americano degli anni ‘90 Uniti, ispirato dal postmodernismo nei testi e i cui suoni e le cui canzoni non parlavano mai del mondo esterno, se non come sberleffo intellettuale.

Invece questo brano certifica l’apertura di Malkmus verso l’esterno: la sua uscita dalla dimensione borghese (appunto), almeno per un attimo. Se tutto questo discorso vi sta annoiando, considerate che Bike Lane parla di un fatto politico: l’uccisione di Freddy Gray, l’afroamericano venticinquenne “morto di polizia” a Baltimora nel 2015. Una cosa del genere non l’aveva mai fatta.

E poi, soprattutto: è un pezzo meraviglioso, tra i migliori esempi di pop chitarristico possiate trovate oggi in giro, con il suo misto di melodia, Sonic Youth e derive blues psichedeliche nelle fughe sonore.

Stephen Malkmus & The Jicks 

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