La singer-songwriter australiana da paragonare a Lana Del Rey. Come tutte le altre, del resto.
C’era una volta una band australiana di nome Howling Bells, che tra il 2006 e il 2014 sfornava dischi impregnati di gotico e neo-noir.
Un gruppo che, nonostante il consenso di esimie testate di tendenza, e nonostante le braccia tese del pubblico britannico, ha lasciato nell’alternative rock lo stesso marchio che il curling ha lasciato nella nostra memoria olimpica: nessuno.
La band non si è mai tecnicamente sciolta, ma la sua lead vocalist, Juanita Stein, ha deciso di andare da sola. Il suo primo album, Americana, percorreva la via del country-folk; il secondo, Until the Lights Fade, che esce il 31 agosto, racconta un’altra storia: quella dei Killers. Non per nulla, a produrre il primo singolo, Forgiver, è stato proprio Brandon Flowers; non per nulla, Juanita apre tutte le date europee del loro arena-tour.
(in molti l’han conosciuta per questo. Altri la conoscono perché ha aperto il tour di Brian Ferry)
Ma non di sole aperture vive Juanita; entrambi i lavori fanno trasparire due artiste distinte, e forse è proprio questo il problema. Chi è, Juanita? Solo un’altra figurante sul set delle singer songwriter ruvide, a cavallo tra PJ Harvey e Lana Del Rey, passando per Courtney Barnett? Laddove, la seconda non c’azzecca quasi mai nulla?
Il nuovo singolo, Get Back to the City, sarebbe anche discretamente accattivante (così come lo era il precedente, Easy Street). Peccato per il testo, di una banalità sconcertante, e il video, altrettanto banale, girato a Brighton (probabilmente, da Quadrophenia in poi, la location di videoclip più gettonata della storia).
Però, pensandoci bene: Australia + Brighton = Nick Cave. C’è forse un messaggio subliminale qui, Juanita?