Mai la Francia è suonata così sul pezzo.
Sarà che la storia la fanno i vincitori e i mondiali di calcio sono appena finiti come sono finiti, ma non deve essere un caso se, nemmeno il tempo di digerire i festeggiamenti sugli Champs-Élysées, e già sbucano francesi da ogni dove – tipo le lumache nei vialetti dopo uno scroscio di pioggia – a pretendere di insegnarci come fare le cose.
Nello specifico, qui c’è una “fille blonde” col ciuffo che ha deciso che il futuro prossimo suona così: un po’ art-pop sofisticato, un po’ dark-electro in slow motion, un po’ cold-wave intiepidita, un po’ sticazzi. Tocca rosicare abbastanza a confessarlo (dar ragione ai francesi, dico), ma è un modo come un altro per dire che suona parecchio, parecchio bene.
Sì, perché Jeanne Added è così francese che trovare una recensione di un suo disco in una lingua diversa da quella de La Marsigliese è un’impresa e probabilmente le sue canzoni suonano meglio su Deezer che su Spotify, eppure riesce sempre e comunque a fregarti con un sound tanto attuale quanto universale e ogni volta un passo avanti sui tempi (supplementari compresi).
Venuta alla ribalta relativamente tardi, tre anni fa ci aveva impacchettato alla grande il suo sensazionale album di esordio, dove metteva insieme tutto ciò che aveva imparato nel frattempo, tra gavetta, conservatorio, jazz-club e collaborazioni varie (Dan Levy e The Dø su tutti).
Oggi torna in pista ancora più consapevole dei propri mezzi, contemporaneamente algida e sensuale come solo le ragazze d’Oltralpe sanno essere, ben conscia di risultare una bestia rara quanto un cocktail preparato in laboratorio: qualche traccia di Peaches ma meno svitata, un po’ di La Roux ma meno paracula, abbastanza Tying Tiffany ma meno figa (e anche meno tamarra), sempre più St. Vincent ma meno patinata.
Basta poi riempire fino all’orlo lo shaker con il vero ingrediente killer – ovvero una voce di gran lunga al di sopra di quella di tutte e quattro messe insieme – per ottenere un mix quasi illegale: cattivo quanto basta per restare ancora dolce, malinconico al punto giusto per rimanere estremamente cazzuto.