Come guarire dal vizio del multitasking con un click.
I Daughters sono definiti art-grind-noise-manic-epoiancora-epoiancora-rock. Ce ne sarebbero molti altri di “nick” e di trattini che li uniscono per dire che musica sia, un vero trenino, ma abbiamo pietà di voi e vi risparmiamo il rosario.
Difficile classificarli: non siamo tutti ornitologi, noi critici musicali. Spesso ci viene semplicemente la voglia di buttarci nel mare di suoni e carabattole creative di band così euforiche, ma così euforiche, da tentare percorsi originali e renitenti a qualsiasi forma di placcaggio archivistico.
Insomma, sarebbe più facile decrittare il significato del testo, altra pratica inutile, piuttosto che dirvi a parole che musica facciano. Provateli e basta e tenetevi la bellezza del titolo – qualsiasi diavolaccio di cosa possa significare – e spingetevi al largo di questo bel fiume che cresce di livello a ogni giro di basso, con gli strumenti che si aggiungono alla stessa stregua di corpi estranei che l’acqua carpisce dalla riva e conduce davanti agli occhi di Huck e Jim, stanchi, increduli ma così esperti da capire che è inutile affidarsi alla foga della corrente ed è meglio aspettare e godersi la poesia del tutto che scorre (anche lo schiavismo e le piattole al culo).
Il brano sale e sale dal cuore al cervello fino ad annegarcelo in una macedonia liturgica di alternative rock e marcia funebre a passo uno. Se credete nel potere taumaturgico della musica, allora dovete anche esser certi che ci sono canzoni capaci di infettare l’anima e intossicarla di tristezza e smog, quindi lasciate perdere i Daughters. Questa loro rassegna di luce e ombra non vi porterà a capire in quale momento della giornate stiate lasciando il mondo che non vi ha mai accettato sul serio.
Se invece pensate che una canzone di sette minuti è solo una canzone di sette minuti e non v’impedisce di sprecare la vita perché le mani sono libere e possono fare tante cose, allora ascoltate Satan…. Vedrete che guarirete dal vizio del multitasking.