She’s on fire.
Lei è completamente indifferente alle tendenze, e alle smorfie di dolore estetico di chi osserva la copertina più brutta del decennio (vaga allusione alla propria casa andata a fuoco).
Lei è l’approdo finale di lontane generazioni di songwriter anche molto diverse tra loro – da Joni Mitchell a Beth Orton, da Stevie Nicks a Aimee Mann – e non sentiremo più nulla di simile, perché questa modalità di dare suoni e parole alle proprie lune è stata completamente messa al bando, tra Adele e le Beyonciate.
Lei ha probabilmente inciso il suo disco più completo dopo una lunga pausa a ritrovare le proprie coordinate, tra i New Pornographers e le amiche K.D. Lang e Laura Veirs (con le quali aveva pubblicato il lavoro precedente).
Lei ha messo nel suddetto album, Hell-on, dei brani probabilmente superiori a questo duetto con Mark Lanegan dalla durata Neilyounghiana (sette minuti) e dalle liriche sommamente autobiografiche («I fucked every man that I wanted to be. I was so stupid then.»), ma non ci si può esimere dal segnalarlo quasi fosse una sorta di requisitoria, di discorso dal pulpito, di ultimo valzer per un pubblico che guarda l’orologio della propria vita, nota che s’è fatta una certa e inizia ad andarsene verso altre idee di musica – o forse verso nessuna musica.