Fantasmi sgargianti e coreografati, ma pur sempre crudeli.
… e se fosse Florence Welch la figura femminile rock più importante e significativa degli anni ’00? La sua band è senza dubbio famosa, apprezzata e commercialmente vincente, ma forse il suo profilo personale non è abbastanza glamour, o frivolo, per spiccare nell’attuale panorama mediatico.
Non che sia un male, specie la Macchina continuerà ad anteporre la sostanza alla forma e a sfornare dischi di alto livello. Trascorsi tre anni da How Big, How Blue, How Beautiful, pochi giorni ci separano dal nuovo High as Hope.
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Big God è il terzo antipasto, dopo l’intimismo di Sky Full of Song e l’immediatezza di Hunger. Qui si parla di “ghosting” in maniera molto suggestiva – troppo facile dire “spettrale”, ma ci abbiamo pensato – e visualmente accattivante.
In tutto: tre canzoni, tre piccoli mondi diversi, una sola, intensa e vibrante voce a reggere le fila. Non sarà la regina dei social o del gossip, Florence, ma un’artista vera e ispirata di cui si parlerà ancora per tanti anni: quello sì, per fortuna.