Dirty Projectors: se non puoi combattere la complessità, fattela amica.
I Dirty Projectors sono materia complessa. Dave Longstreth, perno creativo e fondatore della band, è un compositore moderno, più che un “singer songwriter”. La sua voce è una delle meno confondibili del panorama indie americano, ma in compenso la sua band è una delle meno accessibili del panorama indie americano. David Byrne, con cui pure hanno lavorato, è forse ciò che più si avvicina al loro ricco e pizzettato art-pop. Ultimamente, tuttavia, il sestetto newyorkese sembra aver scalato la marcia, sfornando dischi in cui l’elaborato intreccio di elementi non compromette l’immediatezza.
Lo zenith della carriera è arrivato con quel bel gioiellino che era l’album Bitte Orca, del 2009. Adesso, ecco l’album numero nove, Lamp Lit Prose, in uscita il 13 luglio su Domino. Break Through è il primo singolo che lo anticipa; un adorabile e pimpantissimo orpello (accompagnato da un video irresistibile), che mantiene intatta la formula classica dei DP: fondere il caos con la quiete, attraverso una fusione sapiente di sezione ritmica e melodica, e con la distorsione cattivona che si insinua proprio là, dove meno te la aspetteresti. Nella quiete.
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In fin dei conti, parliamo pur sempre di una band che ha fatto un album di cover dei Black Flag. Ah, è appena uscito il singolo nuovo. That’s a Lifestyle. Ma a noi piaceva di più questo.