Che l’attesa di un disco sia essa stessa il disco?
Non che ci sia da vantarsi della cosa, ma Dear Tommy ha il curioso record di essere stato in testa a tutte le classifiche degli ultimi anni. Nello specifico, sto parlando del periodo che va dal 2015 a oggi e, per la precisione, di quelle inutili elucubrazioni invernali intitolate “Gli album più attesi dell’anno che sta per arrivare”, o qualcosa di simile.
Questo perché, in un’ipotetica ulteriore lista che metta in fila la gente che ci ha preso più (e meglio) per il culo riguardo alla data di uscita di un disco, i Chromatics occupano saldamente il secondo posto – dietro soltanto ai Tool, guru supremi in materia.
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Va detto che la band di Portland almeno ha lavorato non poco sullo “storytelling”, aggiungendo via via aneddoti bislacchi, colpi di scena e scuse improponibili per giustificare il ripetuto ritardo. Nel 2014 hanno annunciato il nuovo album, messo online un bel po’ di singoli, pubblicato la tracklist ufficiale e stampato quindicimila CD e diecimila vinili. Tutto sembrava pronto, già decisa anche la data (il giorno di San Valentino dell’anno dopo, giusto per non perdere mai l’occasione di essere paraculi quanto basta), ma poi Johnny Jewel ha avuto un’esperienza di “pre-morte” alle Hawaii, ne è uscito un po’ scosso e, tornato a casa, ha deciso di distruggere tutte le copie fisiche del disco, partecipare alla colonna sonora del nuovo Twin Peaks e lavorare su un album solista. Quindi si è messo a riscrivere tutto da capo.
Adesso ci risiamo. Black Walls è comparsa all’improvviso insieme a uno scarno comunicato che suona come un impegno preciso: «Dear Tommy out Fall 2018 on Italians Do It Better». A voler essere pignoli è stato pure specificato che la successione dei pezzi sarà esattamente la stessa della versione precedente, a parte il fatto che son stati, appunto, risuonati tutti da zero. Anzi no, visto che la stessa Black Walls non compare nell’elenco in questione.
E quindi? Vai a sapere.
Perché va bene la suspense, ma qui siamo ben oltre la soglia di “Al lupo! Al lupo!” e forse è arrivato il momento di spostare l’attenzione altrove, lasciando perdere ormai definitivamente i pronostici su se e quando Dear Tommy vedrà la luce e chiedendosi piuttosto – se davvero a un certo punto succederà – come reggerà il confronto con le sue stesse ex tracce che abbiamo ascoltato quattro anni fa e soprattutto con il resto del disco immaginario che in tutto questo tempo ci siamo suonati in testa.
Sicuramente, comunque vada, l’unica cosa che possiamo dire con certezza è che a questo punto, più che il successore di Kill For Love, il caro Tommy è già il successore di se stesso.