Invecchiare e migliorare, contemporaneamente? Difficile, ma non impossibile.
Non hai nemmeno vent’anni, hai appena finito la scuola superiore e, pochi mesi dopo, il disco di debutto ufficiale del tuo gruppo diventa un grande successo commerciale (approfittando dell’onda lunga del Britpop e del pop punk, ma proponendo un suono sostanzialmente diverso).
L’anno era il 1996; l’album, 1977; la band, gli Ash. La cui carriera da quel momento è stata costantemente in salita. Un po’ come se dovessero sempre dimostrare di averla proprio meritata, quella “fortuna” (vero che capitarono al posto giusto e al momento giusto, ma è anche vero che quelle canzoni erano quasi perfette).
Forse i tre irlandesi non sono dei geni assoluti. Forse hanno patito più del dovuto “l’ansia da prestazione”. O forse hanno pagato un prezzo troppo elevato alla fama precoce, nel complesso, perché non ricordiamo lavori brutti a loro firma. Anzi: superata la crisi di mezza giovinezza di una decina d’anni fa, stanno riprendendo a carburare a pieno regime.
Dopo Kablammo! del 2015, a metà maggio circa arriverà il nuovo Islands. Un paio di singoli lo hanno già anticipato: il più recente Annabel (bel video, tra l’altro) e il più “datato” Buzzkill. Preferiamo quest’ultimo, se non altro per la partecipazione ai cori di un paio di membri dei mitici Undertones, ma sono dettagli.
Il punto è che oggi nessuno fa (mainstream) power pop così bene come gli Ash, probabilmente. Il che fa di loro un nome persino sottovalutato.