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Sevendust: Dirty
Un uso moderato del ritocco fotografico

Il nu metal fatto bene, nonostante tutto.

I Sevendust sono il miglior gruppo nu metal che non ascolterete mai nelle discoteche rock, tra un pezzo qualsiasi dei Limp Bizkit e Last Resort dei Papa Roach o Chop Suey! dei System Of A Down (non fate quella faccia da snob: posti così esistono ancora, specie in provincia, anche se il DJ set è rimasto lo stesso dal 2001).

Il motivo è semplice: non hanno mai inciso un vero e proprio “riempipista”. Male soprattutto per il loro portafoglio, se vogliamo; bene per la loro carriera, in un certo senso. Infatti, pochi gruppi “nu” – o crossover o alternative metal… – possono vantare una storia così lunga (sono in giro dal 1994, senza quasi mai cambiare formazione), costante (All I See Is War, l’imminente nuovo album, è l’undicesimo lavoro in studio) e comunque ricca di soddisfazioni critiche e commerciali.

Ascoltando il singolo Dirty, la loro fama è presto spiegata: la band di Atlanta possiede tecnica, bravura compositiva e stile, oltre a un frontman che canta davvero bene al posto di latrare o grugnire.

Un solo dubbio: perché insistere ancora nel tirare degli urlacci gratuiti qua e là, sotto forma di backing vocals? Vero che sono fra gli stilemi classici del sottogenere, ma ormai sembrano un affronto alla bella voce di Lajon Whiterspoon. Forse nel 2018 i Sevendust potrebbero farne a meno senza problemi – noi sicuramente sì.

Sevendust 

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