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Cancer Bats: Cant Sleep
Le statue di cera del gruppo

Riusciranno mai i nostri eroi a catturare in studio la loro pazzesca energia live?

Quasi quindici anni di attività, sei dischi in studio – o “da studio”? Ma ‘sti cazzi – e centinaia di concerti in giro per il tutto il mondo o quasi. Una bella carriera, quella dei Cancer Bats, seppur priva di un vero e proprio acuto commerciale. O meglio: priva del disco giusto al momento giusto, propedeutico a un autentico exploit in termini di vendite e popolarità (la contemporanea contrazione del mercato discografico può essere giusto un alibi, in tal senso).

Il difetto principale del gruppo canadese è sempre stato quello di non riuscire a catturare al 100%, durante le registrazioni, la propria mostruosa energia live. I pezzi e gli album sono mediamente belli, ma mai memorabili; invece i concerti – nel corso del tempo ne abbiamo visti diversi, non solo in Italia – sono quasi sempre una spettacolare carneficina metal punk, bestialmente orchestrata dal cantante Liam Corner.

Oggi il quartetto esce con un nuovo lavoro, The Spark That Moves, pubblicato senza alcun preavviso dalla propria etichetta (Bat Skull Records). Proprio così: nessun trailer o teaser (ma qualcuno li ascolta davvero?), nessun lyric-video (vabbè, non che in giro si leggano molti testi alla Jim Morrison o alla Franco Battiato), nessun singolo nei mesi e nelle settimane precedenti all’uscita del disco… Una mossa improvvisata? Una soluzione alternativa al dilagare di anteprime digitali che poi, spesso, sfociano nel disinteresse collettivo? Una nuova tendenza promozionale?

In ogni caso, questa è una canzone tipicamente Cancer Bats: gustosa ma non trascendentale. Noi li portiamo sul palmo di mano per le buone vibrazioni che ci hanno trasmesso dal palco; alcuni di voi, forse, li ricorderanno solo come quelli dello spassoso video della cover di Sabotage.

La vita è una puttana, sì.

Cancer Bats 

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