Vent’anni e non sentirli.
Questi son ragazzini di vent’anni che ancora non erano entrati in sala di registrazione e già avevano addosso una confezione intera di etichette che andava da “the UK’s most exhilarating/exciting new band” a “a gang of beautiful young British misanthropes”, passando per “the shouty south Londoners that go crazy on stage”.
Riassumendo: qualche fortunato aveva sentito il demo e c’era rimasto sotto, qualcun altro aveva avuto modo di intervistarli e c’era rimasto sotto e un branco di più coraggiosi li aveva visti dal vivo e… c’era rimasta sotto.
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Gli Shame non si sono scomposti e dallo studio di registrazione ci sono usciti con Songs Of Praise, una piccola bomba di post-punk raffinatissimo – ovvero grezzo con gusto – che non fa che peggiorare le cose. In termini di gente che rischia di rimanerci sotto, intendo.
Una manciata di pezzi stretti contro natura gli uni accanto agli altri, pronti a esplodere senza avvertirti prima e impacchettati bene attorno a testi inzuppati in un cocktail da hangover duro (¼ vodka, ¼ disagio adolescenziale, ¼ veleno e ¼ sarcasmo), un cantante che mischia la vena socio-politica di un Jarvis Cocker di periferia annoiato e disilluso con il predicare arido, squallido e desolato del primo Nick Cave e una band che fa del rifiutare qualsiasi posa la propria posa, ma poi suona come come i Fall e i Gang Of Four più incazzati. Insomma gli ingredienti per gridare alla “next big thing” ci sono tutti e probabilmente a ragione.
Come sempre, il tempo calerà la sua sentenza e ci dirà se e quanto “next” e “big” sarà la faccenda in questione; intanto questi piccoli bulli, cresciuti sui soppalchi del Queen’s Head Pub con i Fat White Family a recitare la parte della balia, hanno fatto irruzione nella stanza del “rock con le chitarre” inglese, buttando giù il muro con un manifesto audace, risoluto e che alza di un bel po’ l’asticella per tutti i prossimi gruppetti che vorranno sul serio fare il botto con il loro primo disco.
Lampoon è il terzo singolo estratto dall’album e il suo video fatto in casa a costo zero vorrebbe catturare un’istantanea della follia, on stage e backstage, loro ultimo tour nordamericano.
Non ci riesce minimamente, sostiene chi è stato presente.
E c’è rimasto sotto.