Abbiamo visto il futuro del prog-metal: viene dal Texas, è una donna ed è nera.
Pare che per il concerto di quella sera, in un sobborgo di Houston, Texas, le band in cartellone fossero due. Il gruppo principale erano gli Oceans Of Slumber, già discretamente noti in zona. E ad aprire per loro una sconosciuta formazione post-rock: musica così così, ma una cantante afroamericana, tale Cammie Gilbert, con una voce davvero notevole.
«Già, ma noi facciamo metal», pensava Dobber Beverly, batterista e principale autore degli OOS, guardando la performance di Cammie mentre il resto della sua band si preparava. «E quindi ci vuole una voce maschile, aggressiva, profonda», si ripeteva il buon Dobber, scaldando nel palmo della mano il fondo di un cattivo whisky che gli avevano messo in mano nel retro del locale. «Come quella del nostro Ronnie», concludeva con un sospiro di rassegnazione.
Un paio di mesi dopo Ronnie Allen, il cantante, era fuori dal gruppo, Cammie Gilbert aveva lasciato la sua band post-rock e gli OOS avevano trovato una nuova voce.
La Gilbert non ha snaturato il suono del gruppo, che rimane sostanzialmente un metal atmosferico con impennate progressive e rallentamenti candlemassiani (o candlemessiah-ni?). Però gli ha conferito drammaticità e calore, spezzando la noia mortale data dalle voci miagolanti o liricheggianti dell’80% delle cantanti della scena (il restante 20% fa concorrenza ai colleghi maschi, ruttando nel microfono ferali growl vocals).
Quella della Gilbert è una vocalità nera applicata in un contesto metal: connubio certamente poco frequente, ma altrettanto certamente indovinato. Che poi, se aguzzate le orecchie, in No Color, No Light trovate anche qualcosa d’altro: questa volte una vecchia conoscenza. Tipo Tom Englund degli Evergrey. E Tom Englund degli Evergrey non collabora mica con chiunque.