Slow Jam è meglio di Pearl Jam, o no?
Nel 1998, quando uscì il primo album delle Destiny’s Child e Beyoncé iniziò a catturare l’attenzione del grande pubblico, uscì anche il primo lavoro di Mya Harrison: una bella ragazza proveniente da Washington, D.C. che ottenne subito un contratto con la Interscope.
Erano i primi anni 2000 e gli A&R delle major erano a caccia di avvenenti fanciulle di colore che potessero offrire una versione patinata e meno street-style dell’hip hop, dunque una musica black ballabile e easy-listening che aggiornasse l’R&B ad un gusto più vicino al pop.
Mya aveva tutte le carte in regola per diventare il giusto “prodotto” per il target stabilito (era giovane, carina, aveva una bella voce, sapeva ballare ed era sostenuta da artisti del calibro di Missy Elliott e Babyface), per cui sarebbe bastato inserirla nel “combo” composto da Christina Aguileira, Lil’ Kim e Pink alle prese col pezzo delle Labelle Lady Marmelade – tratto dalla colonna sonora del film Moulin Rouge! – per farla apprezzare a un’audience ancora più vasta.
Dopo altri sei album, la vincita di alcuni Grammy Award, varie presenze in film come attrice ed alcuni impegni televisivi, Mya sta ora preparando il terreno per il suo prossimo disco e lo fa dando in assaggio questa ballata sexy ed elegante, che suona come una maliziosa promessa di un dopocena che salti direttamente i preliminari. I bassi sono sincopati e sensuali, i suoi miagolii sono un succulento verbo di seduzione.
Non siete convinti? La sua lingerie di pizzo nera e il suo corpo sinuoso faranno il resto. Forse.