Chitarre, chitarre, chitarre!
Com’è bello tornare, qualche volta. Tornare indietro, lasciarsi andare al solito suono stra-sentito, nella rassicurazione che priva dell’ansia da ricerca di novità. Solo roba conosciuta, che sai dove andrà a parare ma che ti spinge a muovere il culo, ad abbassare il finestrino, a far su e giù con la testa. Roba da Monster Magnet, gente lercia e cazzuta, fuori da tutte le mode.
Gente appesa all’hard rock/stoner che riempiva i magazine musicali negli anni ‘90. Che infila parolacce nei brani, ripropone lo stesso riff di Toni Iommi fino allo sfinimento e poi si lancia in assoli incendiari. Roba per vecchi, forse. Non potete immaginare quanto sia divertente.
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Il ritorno di Dave Wyndorf e soci – qui nella loro versione più semplice e immediata e meno psichedelica e spaziale – è un pezzo favoloso: il ritmo è quello di un animale pesante e morente, la componente maligna sempre ben inserita. Uno spasso, in cinque minuti e rotti che infilano ritornelli efficaci e cambi di tempo fracassoni. Certo: non parliamo di uno stato di grazia come ai tempi di Powertrip, ma di un’ottima forma, quella sì.
Se vi piacciono il baccano chitarristico e le voci potenti, i Monster Magnet – questi Monster Magnet, ma anche e soprattutto quelli prima – sono ciò che fa per voi. Sempre siano lodati.