Musica semplice per l’Apocalisse.
Tocca cominciare con un incipit scontato, non me ne vogliate: Richard Melville Hall, detto Moby, è un personaggio come ce ne sono pochi altri nel music business. Più passa il tempo, più quest’omino occhialuto, che pare uscito dalla penna di un vignettista per bambini, ha cose da dire.
Conosciuto come un luminare della dance elettronica, Moby è molto di più: è un compositore di musica per l’Apocalisse; tema che gli sta da sempre molto a cuore.
Mere Anarchy è il singolo che anticipa il nuovo album, Everything Was Beautiful And Nothing Hurt, in uscita il 9 marzo; un pezzo che i Depeche Mode di Ultra avrebbero fatto a botte per avere. E invece Moby non fa a botte con nessuno, perché è un ex anarchico squatter che insegnava catechismo, pacifista, vegano e sinceramente toccato dalla decadenza della civiltà occidentale.
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La storia del disco è riassunta, senza definizioni di genere, da una playlist che Moby stesso ha curato; in pratica, né più né meno, le canzoni che l’hanno ispirato e che ha saccheggiato artisticamente: da Love T.K.O. di Teddy Pendergrass a Etched Headplate di Burial.
Da segnalare il video che accompagna il singolo: strepitoso, già in odore di nomination per i prossimi Grammy. Un video post-apocalittico (ovviamente).
Mere Anarchy, a pensarci bene, incapsula benissimo l’essenza della vita di Moby. E potrebbe essere anche il titolo del sequel della sua autobiografia, se mai ci sarà. A proposito, se non l’avete fatto, leggete Porcelain: uno dei migliori “memoir” musicali degli ultimi tempi.
E non lo dico solo io: lo dice anche Salman Rushdie.