Avanguardia vs. tradizione: sarà possibile nel reggaeton?
Forse la dittatura planetaria del reggaeton è giunta a una svolta.
Uno di quei momenti-chiave sonori – i Black Sabbath che caricano di watt il blues per creare l’heavy metal, la Sugarhill Gang che inizia a rappare su Good Times degli Chic… – che gli storici delle musiche pop equiparano alla svolta evolutiva della scimmia di 2001 Odissea Nello Spazio, quando di colpo intuisce l’utilità di una mazza per menare come ausilio per le proprie capacità espressive.
E José Álvaro Osorio Balvin da Medellin, dopo aver sommerso il pianeta col suo riddim cafone ma globalista (Mi Gente, Ginza, Bonita), ha deciso di provare a vedere se un’evoluzione è possibile – a suon di mazzate, appunto: «Vamos, vamos a romper, no hay tiempo pa’ perder».
Insieme ad Anitta (Brasile) e Jeon Arvani (Aruba), col nuovo singolo porta il reggaeton in territori EDM, ma soprattutto in atmosfere quasi rave che dal punto di vista visuale sembrano ammiccare a Prodigy e Die Antwoord. Dopo aver sculettato lungo spiagge e piscine – e mercati rionali, per esser sempre veraci – si passa a sculettare in un paesaggio post-apocalittico, peraltro colombianissimo.
«Mi musica es nueva era», decreta Balvin; «Aquí estamo’ duro, somo’ global», rincara la dose Jeon. Tutto sta a vedere se anche il pubblicone dei cinque continenti sarà pronto a un’evoluzione, o se quello che apprezzava del genere era la sua implacabile prevedibilità.