L’insostenibile leggerezza della techno.
Un passo indietro.
Sei mesi fa Kalkbrenner fece collaudare questo pezzo agli spettatori del Tomorrowland, in Belgio. Il video di quel live show – cioè, questo live show – dà la sensazione di uno che sta cavalcando il suo cavallo preferito, sta venendo giù dal megascivolo all’acquapark, sta giocando e sente che la palla gli è amica. Quella patina di distacco da star e di perfezionismo tedesco di cui ogni tanto viene accusato non è rilevabile.
Fine del passo indietro.
Dopo qualche mese Part Three è un singolo, che diventerà la seconda delle quindici tracce del suo ottavo album Parts Of Life (che per sovrammercato inizia con Part Eleven e si conclude con Part Eight). Davanti al video ufficiale, in un contesto diametralmente opposto a quello del suo debutto in pubblico (da solo, al buio, senza colori), la sensazione è sempre quella: che Kalkbrenner sia entusiasta di questo groove, al quale ha portato pochissimi aggiustamenti. Del resto, se “Tutto quello che suono deve prima essere perfettamente a fuoco nella mia mente”, il margine per mettere a fuoco ancora più perfettamente non può essere troppo ampio.
D’altra parte Kalkbrenner non vuole e non deve dimostrare niente, forse ha superato qualsiasi valutazione di tipo concettuale sul DJing ed è approdato a una specie di nirvana senza tempo della techno – potrebbe essere un pezzo di quindici anni fa, qualcuno se ne accorgerebbe? – e sta benissimo, è oltre il tirarsela, oltre il confronto con le altre star della console: divertito, rilassato. Come avrebbero detto gli stilnovisti: preso bene.
E anche la reazione del pubblico nel video live non è quella da club people infoiata, anzi: è una delle scene più hippy dai tempi di Woodstock. E nessuno ha idea di cosa dicano i sample vocali (c’è gran dibattito su YouTube, la versione prevalente ad oggi è “Super cell”), ma le “vibra” arrivano e alla fine come si fa a non buttarsi sullo scivolo dietro allo zio Paul, nirvaniamo anche noi con lui.