IL metal, nonostante tutto.
Se ti piace l’heavy metal, non c’è niente di meglio dei Judas Priest che fanno (bene) i Judas Priest. Tre minuti e mezzo di pura ed estatica gloria elettrica che anticipano il nuovo album Firepower, atteso a marzo.
Per una volta, chiudiamo gli occhi di fronte al fatto – evidente – che questa canzone sia una cover di se stessi, quasi un ipotetico “outtake” del classico Painkiller (1990). E facciamo anche finta di non sapere che la band abbia un grande futuro alle spalle, se non altro per motivi anagrafici. E dimentichiamoci persino dei passi falsi compiuti in un passato nemmeno troppo lontano: dallo spento Demolition del 2001 al pretenzioso Nostradamus del 2008. E ringraziamo la tecnologia moderna per la versione “restaurata” della voce di Rob Halford (dal vivo il discorso cambia, chiaramente).
E… Ok, ci siamo capiti. Questa non è né la rinascita dei Judas Priest, né quella del metal. È semplicemente un godibilissimo esercizio di stile da parte di un gruppo che ha avuto sì grande fortuna commerciale, ma la cui grandezza artistica – ironia e autoironia incluse – non è stata ancora compresa in pieno.
Forse.
Nel dubbio, la storia continua.