Una dimensione meno parallela di ciò che si possa pensare.
Se nell’intimo siete tipi allergici a smancerie, nomignoli sdolcinati e coccole gratuite, una tra Rakel Mjöll, Alice Go e Bella Podpadec potrebbe davvero essere la donna della vostra vita.
Solo un esempio: quando i-D Magazine ha chiesto alle Dream Wife una cover in occasione di San Valentino, le tre monellacce non hanno avuto nessun dubbio: Fuck The Pain Away di Peaches. Non proprio ragazzine dall’aria sognante cui regalare mazzi di fiori, collane di perline o cioccolatini a forma di cuore, dunque. O forse sì, visto che il nome della loro band è tratto da una commedia romantica del 1953 con Cary Grant e Deborah Kerr?
Insomma, il messaggio che lanciano rischia di risultare un po’ confuso, al punto quasi da giustificare l’iconografia classica del maschio beta che scuote la testa sconsolato mormorando: «e chi le capisce, le donne?!».
Fortuna che, a spazzar via ogni dubbio, arriva la loro proposta musicale, quella sì chiara, diretta e difficilmente fraintendibile. Come delle piccole Sleater-Kinney che mai si son dimenticate di aver ascoltato a sufficienza le Spice Girls, hanno scelto il modo più semplice per infiltrarsi nel sistema e dissezionare la pop-culture: un guitar-pop bello tirato (a lucido) da tre accordi massimo a canzone, che mischia senza troppe remore l’energia dell’alt-rock anni ‘90 con la new wave patinata dei decenni precedenti.
Il loro disco di debutto esce a fine mese, quindi abbiamo ancora un paio di settimane per goderci l’ultimo singolo, Hey Heartbreaker, e soprattutto il video che lo accompagna, splendido lavoro di animazione dell’illustratore londinese Joe Prytherch (aka Mason London – niente meno che l’ex art director di Boiler Room), chiaramente ispirato alla cara, vecchia scuola dei cartoni di robot giapponesi.
Più che fantasia liberata senza freni in una dimensione parallela, un monito minaccioso che ci fa intravedere cosa potrebbe diventare il nostro mondo, se continueremo a lasciarlo in mano agli algoritmi: il Bar Lolita è dietro l’angolo, e la musica che qualcuno ha tentato di imprigionarci dentro meno mansueta di come era stata programmata.