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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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OK GO: Obsession
Qualcuno sa come si installano le nuove cartucce?

L’arte del videoclip elevata all’ennesima potenza (non senza effetti collaterali indesiderati).

Non so se gli OK GO siano mai stati a tutti gli effetti un gruppo.

Sicuramente hanno smesso, volontariamente o meno lo sanno solo loro, di esserlo dopo quella cosa dei tapis roulant. Here It Goes Again da un lato ha decretato la loro fortuna, dando ufficialmente il via a un processo di consacrazione che li ha portati all’attuale status di maghi del videoclip acrobatico; dall’altro ha fatto sì che pressoché nessuno ormai sia più minimamente interessato ai loro dischi. Semplicemente, tutti – anche i fan dichiarati – se ne stanno lì, seduti sulla riva di YouTube, ad aspettare di veder passare il meraviglioso cadavere dell’ultima, geniale idea bislacca dei quattro di Chicago.

Non è un caso quindi se il loro nuovo, piccolo capolavoro Obsession sia una traccia che appartiene a un album vecchio ormai di tre anni e ben si guarda dal discostarsi dalla formula vincente: canzoncina che si limita al solito pop rock orecchiabile da sufficienza risicata e video che sposta più in alto, per l’ennesima volta, il limite dell’ingegneria circense applicata alla promozione musicale.

L’azienda partner questa volta è la thailandese Double A, che ha messo a disposizione tonnellate della sua “super smooth paper” e 567 stampanti per ricevere, a posteriori, un ritorno di immagine non indifferente, visto che – cosa, questa, davvero incredibile, almeno basandosi sull’esperienza della vita reale – nemmeno una si è inceppata, nel corso dei due anni che ci son voluti a realizzare il tutto.

Sì, perché a questo giro il progetto era quello di programmarle in sincrono e dare vita a un deliro in stop-motion così colorato che, una volta trasformato in flusso di immagini, ha generato una mole di informazioni binarie tale da mettere addirittura in crisi il bitrate della piattaforma di video sharing, costringendo quindi la band a rimandare l’uscita del pezzo nell’attesa che una mandria di nerd mettesse un paio di toppe e introducesse nel player l’opzione di visualizzazione a 1440p e 2160p.

Come a dire: chi di YouTube ferisce…

OK GO 

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