Déjà vu anni ‘80, ma con un certo stile.
Fra i tanti gruppi che si sono cimentati nel revival del post-punk, negli ultimi anni, i Glaare sono fra i primi da prendere in considerazione – se si bada alla sola qualità delle composizioni.
In realtà i tre californiani prendono molto anche dallo shoegaze, tanto da risultare spesso un incrocio fra Cure e Cocteau Twins (a grandi linee). Perciò, se vi disturba l’eterno ritorno e la palese mancanza di originalità, voltate pure pagina.
In caso contrario, qui c’è da apprezzare una canzone – questa, appunto – e un disco – To Deaf And Day – dove le regole dei giochi darkwave e dreampop vengono sì osservate rigidamente, ma con sincera dedizione alla causa e, soprattutto, evidenti doti di scrittura.
Qualcuno obietterà che questo filone “va di moda”: può darsi, ma per una band che pesca il jolly e finisce a suonare coi Depeche Mode (Soft Moon), ce ne sono decine che campano di aria e amore nelle retrovie – pur ricoperte di poco dispendiosi e altrettanto poco fruttosi encomi digitali, magari.
Ai Glaare auguriamo di emergere dall’underground, a patto di scavare ulteriormente, e in modo più personale, nel lato oscuro di Los Angeles.