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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Franz Ferdinand: Always Ascending
La squadra scozzese pensò di perfezionare l'arte della simulazione, ma questo non le portò alcun rigore

Franz Ferdinand
Always Ascending

Formula che vince non si cambia (al massimo, ci si prende una lunga pausa fra un disco e l’altro).

Tra i marchi sonori grazie ai quali le nostre orecchie identificheranno gli anni ‘10, ci sono sicuramente l’implacabile colata di autotune che non ha risparmiato nemmeno gli U2, e naturalmente il reggaeton come declinazione unica della sexyness in musica; mettiamoci anche la quadratura del pop intorno a quattro note di durata rigidamente identica, ma non dimentichiamo il “build up” rassicurante.

È a quest’ultimo che i Franz Ferdinand hanno deciso di dare la massima dignità. Perché di per sé il build up – e in questo caso specifico il cosiddetto “riser”, la nota in sottofondo in continua ascesa tipo allarme antiaereo, a suggerire un’imminente esplosione ritmica – è semplicemente un’abusata gherminella per chetare le smanie degli ascoltatori più energumeni e più giovani (le due cose non sempre coincidono, ma i database dei produttori contemporanei convergono sulla contiguità delle due condizioni).

Ovvero tranquilli raga, sentite questa nota sotto che sale sale? Indica che la canzone parte piano ma cioè non è tutta lenta cioè non è una palla zì, frà, brò, aspettate a cambiare – perché entro un minuto il pezzo che la contiene butterà via i suoi vestiti tipo Hulk trasformandosi in PEZZO CHE SPACCA, inducendo a indugiare almeno per quei fatidici trenta secondi che portano a casa il punto su Spotify.

Sicché la band scozzese, ben consapevole che i suoi quattro anni di latitanza sono l’antitesi del moderno dogma dell’onnipresenza, ha fatto di necessità virtù – scegliendo proprio di elevare a manifesto di un’epoca questa tensione verso l’alto, che non approda mai a una nota in maggiore definitiva né a un “bass drop” da cui partire decisi: «The opening line leaves an uncertain ending», suggerisce il testo.

Il risultato è un brano dance rock che intrattiene, ma ha un difetto (come sottolineano Kapranos e il suo clan): «Never going to resolve». Un’intuizione non da poco sul pop contemporaneo. Che poi questo pezzo non sia il loro capolavoro, ci sta: in fondo il sottinteso è proprio quello.

Franz Ferdinand 

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