C’è gente oggi che ancora fa post-hardcore. Sempre uguale, sia chiaro. Sempre squisito, però.
Certi dolori a un certo punto finiscono. Come quelli dell’adolescenza. Certi altri restano.
I Quicksand di Walter Schreifels (quello di – per dire – Gorilla Biscuits e Rivals Schools, pure) tornano dopo ventidue anni a mostrare quelle sculture che sono le loro canzoni, e tutto ciò che può essere una gioventù da ascoltatore di musica alternativa risale. Ehi: fai ciao ciao agli anni ‘90, non essere maleducato.
Illuminant è il brano che apre il ritorno Interiors, e ricorda quanto sia stato sfigato il genere alternativo forse più figo di sempre: quel post-hardcore (lo chiamavamo così) che prendeva la rabbia del punk spedito a cinquecento chilometri all’ora e la diluiva, la spezzettava, e dentro ci infilava cose interessanti, saliscendi o robe complicate. Almeno, dove si trovava spazio in tutta quella compressione.
Le abbiamo chiamate sculture, ma immaginatele più come il dettaglio di una singola scultura di un tizio che ha fatto molta palestra, ma anche letto libri. Ci sono i muscoli torniti, ma ci sono anche le pieghe leggere della pelle, la raffinatezza del tocco dell’autore, le vene rifinite. C’è cura e trasporto, che poi sono secondo me le migliori parole per descrivere il post-hardcore (sempre sia lodato).