Young, di’ una cosa di sinistra!
Sicuramente esiste su internet una lista dei dieci artisti che hanno fatto impazzire i propri fan, mettendo a durissima prova il loro amore. È ovvio che Bob Dylan, Prince, John Lydon, Morrissey, Metallica se la giochino senza esclusione di colpi.
Per il secondo posto.
La fortuna di Neil Young è che è al di là di ogni discussione, è erratico come nessuno: nell’arte, nelle prese di posizione e pure nella vita – accanto a lui, Stephen Stills sembrava uno affidabile.
Così, da uno che in carriera ha cantato cose incredibilmente radicali ma anche sorprendentemente reazionarie, non c’è da meravigliarsi se un attacco a Trump finisce per sembrare quasi più destrorso del bersaglio preso di mira. Lo Young che rivendicava con rancore la propria “nativamericanità” negli anni ‘70 non avrebbe mandato giù così facilmente versi come: «Sono canadese ma amo gli Usa, l’American way of life, la libertà di fare e la libertà di parola: America, sei già grande, sei la terra promessa, la mano che soccorre il mondo».
Sì, dice davvero. D’altro canto tra i democratici di tutto il pianeta è ormai pratica diffusa la tendenza ad adottare gli argomenti dello schieramento opposto, pensando che serva a portare i moderati dalla propria: pure qui sono anni che si chiede (a chiunque): «Di’ una cosa di sinistra».
Musicalmente è un pezzo che sembra partire gagliardo, ma presto va a sbracare. Per certi versi è così sconclusionato che finisce per essere (blandamente) divertente, e ai seguaci ricorderà l’approccio sciamannato di Time Fades Away, con l’atmosfera di ostentata coralità di This Note’s For You. Non sono credenziali rassicuranti, proprio no. Ma presumiamo che l’idea fosse lanciare un messaggio.
Certo, Eminem ha fatto qualcosa di meglio. Ma al confronto del gran vecchio, anche lui è un ragazzo affidabile.