L’America che non capiremo mai abbastanza bene.
Nella classifica dei musicisti dal successo di pubblico (clamoroso) inversamente proporzionale all’approvazione della critica (scarsa o quanto meno circoscritta), Robert James Ritchie sarebbe di certo ai primi posti.
Pochi addetti ai lavori, tuttavia, si sono davvero presi la briga di capire e spiegare perché il supercafone a stelle e strisce degli anni ’90 sia diventato un artista da circa venticinque milioni di copie vendute negli soli Stati Uniti.
Spesso, per pura pigrizia mentale, a noi europei piace pensare agli Usa come a un’unica, enorme entità dai “gusti” omogenei. Niente di più sbagliato e paradossale, probabilmente.
Allora, per rimanere in ambito di rock popolare, così come esiste l’America di Bruce Springsteen, dei Green Day, dei National ecc., esiste anche l’America di Kid Rock. Forse non la vediamo, forse non la capiamo, forse non c’interessa, ma esiste. E non solo: potrebbe essere persino meno stereotipata di quanto pensiamo.
«Sono una casalinga, una moglie e una madre di tre adolescenti […]. Vado in chiesa ogni domenica. Non fumo, non bevo, non mi drogo. Eppure amo Kid Rock. […] Se ho avuto una brutta giornata, mi basta ascoltarlo per sentirmi subito meglio… Speravo tanto che si candidasse per il senato. La prossima volta, magari…», commenta “kytown 4444” su YouTube.
Non proprio il classico ritratto della “spazzatura bianca”, no?