Quando la pianti definitivamente col post-rock e ti confermi un asso della musica elettronica.
Nel 2015 il miglior album di musica elettronica, forse, lo aveva tirato fuori un gruppo post-rock. Il disco era Dilate, la band i Vessels.
A due anni di distanza i ragazzi di Leeds tornano col monumentale The Great Distraction, lavoro ricco di ospiti (The Flaming Lips, John Grant, Harkin, Vincent Neff) e che dimostra come i cinque siano tutt’altro che distratti e men che meno disattenti, bensì perfettamente concentrati sulla strada da prendere e altrettanto convinti di quella presa.
Chitarre più o meno appese al chiodo – a parte nei momenti in cui è possibile farle suonare come qualcosa di diverso da una chitarra… – e le mani ben in pasta in un universo sintetico che, anche quando si perde in aperture più oniriche, mai smette di strizzare l’occhio a una certa “club culture” di nicchia.
Mobilise è il terzo singolo e arriva insieme al video diretto da Alexander Darby. Girato alle Red Sands Fort, piccole piattaforme costruite all’estuario del Tamigi durante la seconda guerra mondiale per fermare l’avanzata tedesca, vede come protagonista la versione cyber-punk del campione inglese di freeride su moto d’acqua ed è una specie di chiamata alle armi post-apocalittica. In altre parole, sembra un rave distopico con la cover band dei Bloody Beetroots come ospite speciale, organizzato dalla “crew” di Baywatch per festeggiare il salvataggio dei soldati inglesi dopo i casini di Dunkirk. Senza Pamela Anderson, però, né tanto meno Harry Styles.
Peccato solo che la versione del video sia un “radio-cut” di quattro minuti scarsi (contro i quasi nove della versione su disco). Una specie di trailer, insomma, in cui si riesce solo a intuire l’imponente crescendo rossiniano – quello sì, estremamente post-rock, da poterlo quasi definire post-rocksiniano – che caratterizza l’originale da metà in poi.